Actors Photos Actor Antonio Dikele Distefano HD Photos and Wallpapers May 2021 By GethuCinema Admin May 3, 2021 Related Posts Antonio Dikele Distefano Top 100 Instagram Photos and Posts 1. 55.9K Likes Download Photo Antonio Dikele Distefano InstagramCaption : mi... Actor Antonio Dikele Distefano HD Photos and Wallpapers February 2023 Actor Antonio Dikele Distefano HD Photos and Wallpapers February 2023 Actor Antonio Dikele Distefano HD Photos and Wallpapers November 2022 Actor Antonio Dikele Distefano HD Photos and Wallpapers October 2022 Actor Antonio Dikele Distefano HD Photos and Wallpapers September 2022 Share This Post FacebookTwitterPinterestWhatsAppReddItTelegram @kingmarracash 👑 stavamo facendo un’intervista ed è passata una classe. i bambini hanno riconosciuto dave e sono corsi verso di lui. “Lui é Zero!” abbiamo un nuovo super eroe. questo è il motivo per cui lo stiamo facendo. @giuseppedaveseke sesti nel mondo. primi in marocco. terzi in nigeria. settimi in sud africa. settimi in egitto. riportiamo l’oro in africa. ✊🏿 sesti nel mondo. primi in marocco. terzi in nigeria. settimi in sud africa. settimi in egitto. riportiamo l’oro in africa. ✊🏿 sesti nel mondo. primi in marocco. terzi in nigeria. settimi in sud africa. settimi in egitto. riportiamo l’oro in africa. ✊🏿 Mi lasciò la rosa per un euro. Ti guardò e disse “siete la coppia più bella del parco “. Il tipo delle rose era riuscito a farti sorridere. Io ti guardavo e riuscivo solo a pensare “Non smettere mai di amare la vita, ricordati di sorridere e di non aver paura dei cambiamenti, delle dimenticanze, perché qualunque cosa accadrà, qualunque cosa sarai tu sarai con te. Chi ti ha lasciato ha perso, perdendoti. Ha perso qualcuno che l’aspettava, qualcuno che per amore ha sempre dato il meglio di sé senza che glielo chiedessero o l’accettassero. Non smettere mai di amare la vita, anche se non sei mai riuscita ad essere bambina, ad essere forte come volevi, ad essere bella come volevano. Non esistono scuse, chi ci ama ci resta vicino, perché quando si ama anche le piccole distanze sembrano enormi. Il punto di partenza diventa la geografia dei luoghi. Non smettere mai di amare la vita perché alla fine se una persona non ha saputo stare al nostro fianco quando ne ha avuto l’opportunità, mai lo meriterà”. Eravamo i più belli del parco. Mi lasciò la rosa per un euro. Ti guardò e disse “siete la coppia più bella del parco “. Il tipo delle rose era riuscito a farti sorridere. Io ti guardavo e riuscivo solo a pensare “Non smettere mai di amare la vita, ricordati di sorridere e di non aver paura dei cambiamenti, delle dimenticanze, perché qualunque cosa accadrà, qualunque cosa sarai tu sarai con te. Chi ti ha lasciato ha perso, perdendoti. Ha perso qualcuno che l’aspettava, qualcuno che per amore ha sempre dato il meglio di sé senza che glielo chiedessero o l’accettassero. Non smettere mai di amare la vita, anche se non sei mai riuscita ad essere bambina, ad essere forte come volevi, ad essere bella come volevano. Non esistono scuse, chi ci ama ci resta vicino, perché quando si ama anche le piccole distanze sembrano enormi. Il punto di partenza diventa la geografia dei luoghi. Non smettere mai di amare la vita perché alla fine se una persona non ha saputo stare al nostro fianco quando ne ha avuto l’opportunità, mai lo meriterà”. Eravamo i più belli del parco. Mi lasciò la rosa per un euro. Ti guardò e disse “siete la coppia più bella del parco “. Il tipo delle rose era riuscito a farti sorridere. Io ti guardavo e riuscivo solo a pensare “Non smettere mai di amare la vita, ricordati di sorridere e di non aver paura dei cambiamenti, delle dimenticanze, perché qualunque cosa accadrà, qualunque cosa sarai tu sarai con te. Chi ti ha lasciato ha perso, perdendoti. Ha perso qualcuno che l’aspettava, qualcuno che per amore ha sempre dato il meglio di sé senza che glielo chiedessero o l’accettassero. Non smettere mai di amare la vita, anche se non sei mai riuscita ad essere bambina, ad essere forte come volevi, ad essere bella come volevano. Non esistono scuse, chi ci ama ci resta vicino, perché quando si ama anche le piccole distanze sembrano enormi. Il punto di partenza diventa la geografia dei luoghi. Non smettere mai di amare la vita perché alla fine se una persona non ha saputo stare al nostro fianco quando ne ha avuto l’opportunità, mai lo meriterà”. Eravamo i più belli del parco. Mi lasciò la rosa per un euro. Ti guardò e disse “siete la coppia più bella del parco “. Il tipo delle rose era riuscito a farti sorridere. Io ti guardavo e riuscivo solo a pensare “Non smettere mai di amare la vita, ricordati di sorridere e di non aver paura dei cambiamenti, delle dimenticanze, perché qualunque cosa accadrà, qualunque cosa sarai tu sarai con te. Chi ti ha lasciato ha perso, perdendoti. Ha perso qualcuno che l’aspettava, qualcuno che per amore ha sempre dato il meglio di sé senza che glielo chiedessero o l’accettassero. Non smettere mai di amare la vita, anche se non sei mai riuscita ad essere bambina, ad essere forte come volevi, ad essere bella come volevano. Non esistono scuse, chi ci ama ci resta vicino, perché quando si ama anche le piccole distanze sembrano enormi. Il punto di partenza diventa la geografia dei luoghi. Non smettere mai di amare la vita perché alla fine se una persona non ha saputo stare al nostro fianco quando ne ha avuto l’opportunità, mai lo meriterà”. Eravamo i più belli del parco. per caso mentre ne parlo con un amico, mi accorgo che forse un’altra potrebbe interessarmi. mi ha detto “provaci”, “potresti scoparla” come fosse un oggetto. ho scosso la testa e non so per quale motivo ho pensato che a te non stava simpatico. penso solo ai soldi quando non penso a te e quando mi distraggo rispondo a quei messaggi che dimentico volontariamente di aprire e leggere, per non sentirmi in colpa. a milano è arrivata la primavera, fa sempre più caldo. ti sbagliavi quando dicevi che quella giacca mi sarebbe servita. penso che nessuno mai potrà avere tutto ciò che mi piaceva di te. io penso troppo. il tuo modo di venirmi incontro. che quando stavo per venire lo sentivi e non ti ritraevi mai. provo a sorridere, ma mi viene da piangere. riempio le mie storie di instagram solo per mantenere un contatto apparente, perché tu subito le guardi ed io subito controllo. provo ad immaginare cosa pensi mentre guardi i miei momenti immortalati. penso che magari vorresti condividerli con me, ma più probabilmente penserai che hai fatto bene a lasciarmi. penso troppo. per caso mentre ne parlo con un amico, mi accorgo che forse un’altra potrebbe interessarmi. mi ha detto “provaci”, “potresti scoparla” come fosse un oggetto. ho scosso la testa e non so per quale motivo ho pensato che a te non stava simpatico. penso solo ai soldi quando non penso a te e quando mi distraggo rispondo a quei messaggi che dimentico volontariamente di aprire e leggere, per non sentirmi in colpa. a milano è arrivata la primavera, fa sempre più caldo. ti sbagliavi quando dicevi che quella giacca mi sarebbe servita. penso che nessuno mai potrà avere tutto ciò che mi piaceva di te. io penso troppo. il tuo modo di venirmi incontro. che quando stavo per venire lo sentivi e non ti ritraevi mai. provo a sorridere, ma mi viene da piangere. riempio le mie storie di instagram solo per mantenere un contatto apparente, perché tu subito le guardi ed io subito controllo. provo ad immaginare cosa pensi mentre guardi i miei momenti immortalati. penso che magari vorresti condividerli con me, ma più probabilmente penserai che hai fatto bene a lasciarmi. penso troppo. spesso mi sono sentito dire: “come sei timido”. mi arrabbiavo e ci rimanevo male, perché lo vedevo come un insulto il fatto che altri sottolineassero il mio essere così insicuro. molte volte da mio cugino e mio padre mi sono sentito dire: devi intervenire di più, devi parlare, devi sorridere. e mi convincevo che loro che riuscivano a parlare con più facilità con le persone perché avevano qualcosa in più di me, e mi sbagliavo. non tutti sanno che la timidezza è anche una forma di protezione verso noi stessi. perché a pensarci in quegli anni uscivo con le persone che mi ero scelto e non parlavo con chi non mi interessava parlare. molte volte mi sono sentito dire: “devi sbloccarti, dai vai da lei, perché non conosci qualcuna e non provi a fidanzarti?”. a mie spese poi nel tempo ho imparato che chi “prova” a fidanzarsi di solito fallisce e quando ci ho provato io ho percepito una sensazione strana: quando mi toccavano sentivo di aver bisogno di qualcuno e allo stesso tempo non stavo bene con nessuna. spesso mi sono sentito dire: “come sei timido”. mi arrabbiavo e ci rimanevo male, perché lo vedevo come un insulto il fatto che altri sottolineassero il mio essere così insicuro. molte volte da mio cugino e mio padre mi sono sentito dire: devi intervenire di più, devi parlare, devi sorridere. e mi convincevo che loro che riuscivano a parlare con più facilità con le persone perché avevano qualcosa in più di me, e mi sbagliavo. non tutti sanno che la timidezza è anche una forma di protezione verso noi stessi. perché a pensarci in quegli anni uscivo con le persone che mi ero scelto e non parlavo con chi non mi interessava parlare. molte volte mi sono sentito dire: “devi sbloccarti, dai vai da lei, perché non conosci qualcuna e non provi a fidanzarti?”. a mie spese poi nel tempo ho imparato che chi “prova” a fidanzarsi di solito fallisce e quando ci ho provato io ho percepito una sensazione strana: quando mi toccavano sentivo di aver bisogno di qualcuno e allo stesso tempo non stavo bene con nessuna. spesso mi sono sentito dire: “come sei timido”. mi arrabbiavo e ci rimanevo male, perché lo vedevo come un insulto il fatto che altri sottolineassero il mio essere così insicuro. molte volte da mio cugino e mio padre mi sono sentito dire: devi intervenire di più, devi parlare, devi sorridere. e mi convincevo che loro che riuscivano a parlare con più facilità con le persone perché avevano qualcosa in più di me, e mi sbagliavo. non tutti sanno che la timidezza è anche una forma di protezione verso noi stessi. perché a pensarci in quegli anni uscivo con le persone che mi ero scelto e non parlavo con chi non mi interessava parlare. molte volte mi sono sentito dire: “devi sbloccarti, dai vai da lei, perché non conosci qualcuna e non provi a fidanzarti?”. a mie spese poi nel tempo ho imparato che chi “prova” a fidanzarsi di solito fallisce e quando ci ho provato io ho percepito una sensazione strana: quando mi toccavano sentivo di aver bisogno di qualcuno e allo stesso tempo non stavo bene con nessuna. spesso mi sono sentito dire: “come sei timido”. mi arrabbiavo e ci rimanevo male, perché lo vedevo come un insulto il fatto che altri sottolineassero il mio essere così insicuro. molte volte da mio cugino e mio padre mi sono sentito dire: devi intervenire di più, devi parlare, devi sorridere. e mi convincevo che loro che riuscivano a parlare con più facilità con le persone perché avevano qualcosa in più di me, e mi sbagliavo. non tutti sanno che la timidezza è anche una forma di protezione verso noi stessi. perché a pensarci in quegli anni uscivo con le persone che mi ero scelto e non parlavo con chi non mi interessava parlare. molte volte mi sono sentito dire: “devi sbloccarti, dai vai da lei, perché non conosci qualcuna e non provi a fidanzarti?”. a mie spese poi nel tempo ho imparato che chi “prova” a fidanzarsi di solito fallisce e quando ci ho provato io ho percepito una sensazione strana: quando mi toccavano sentivo di aver bisogno di qualcuno e allo stesso tempo non stavo bene con nessuna. spesso mi sono sentito dire: “come sei timido”. mi arrabbiavo e ci rimanevo male, perché lo vedevo come un insulto il fatto che altri sottolineassero il mio essere così insicuro. molte volte da mio cugino e mio padre mi sono sentito dire: devi intervenire di più, devi parlare, devi sorridere. e mi convincevo che loro che riuscivano a parlare con più facilità con le persone perché avevano qualcosa in più di me, e mi sbagliavo. non tutti sanno che la timidezza è anche una forma di protezione verso noi stessi. perché a pensarci in quegli anni uscivo con le persone che mi ero scelto e non parlavo con chi non mi interessava parlare. molte volte mi sono sentito dire: “devi sbloccarti, dai vai da lei, perché non conosci qualcuna e non provi a fidanzarti?”. a mie spese poi nel tempo ho imparato che chi “prova” a fidanzarsi di solito fallisce e quando ci ho provato io ho percepito una sensazione strana: quando mi toccavano sentivo di aver bisogno di qualcuno e allo stesso tempo non stavo bene con nessuna. spesso mi sono sentito dire: “come sei timido”. mi arrabbiavo e ci rimanevo male, perché lo vedevo come un insulto il fatto che altri sottolineassero il mio essere così insicuro. molte volte da mio cugino e mio padre mi sono sentito dire: devi intervenire di più, devi parlare, devi sorridere. e mi convincevo che loro che riuscivano a parlare con più facilità con le persone perché avevano qualcosa in più di me, e mi sbagliavo. non tutti sanno che la timidezza è anche una forma di protezione verso noi stessi. perché a pensarci in quegli anni uscivo con le persone che mi ero scelto e non parlavo con chi non mi interessava parlare. molte volte mi sono sentito dire: “devi sbloccarti, dai vai da lei, perché non conosci qualcuna e non provi a fidanzarti?”. a mie spese poi nel tempo ho imparato che chi “prova” a fidanzarsi di solito fallisce e quando ci ho provato io ho percepito una sensazione strana: quando mi toccavano sentivo di aver bisogno di qualcuno e allo stesso tempo non stavo bene con nessuna. Che ero diverso l’ho imparato stando in mezzo agli altri. Quando mi guardavano con la coda dell’occhio le prime volte che sentivano il mio cognome, quando la maestra o il medico faceva fatica a pronunciare quelle consonanti vicine. Quando leggendo la città in cui ero nato, sorridendomi, mi dicevano “Ma allora sei italianissimo”, “Sei più italiano di me”. Come se attribuire una cittadinanza occidentale fosse un complimento. Come se dire davanti a tutti, con il sorriso stampato in volto, che non ero un africano, perché per loro l’Africa era un Paese, mi rendesse più normale. Dimenticavano, mentre provavano a essere simpatici e amichevoli, che l’identità non me l’aveva data l’Italia, ma i miei genitori e che non spettava a loro dirmi chi fossi. Analizzavano le mie origini, il mio nome e il numero della mia generazione. “Io non sono niente” avrei voluto dirgli e quando rispondevo che non sapevo se sarei rimasto in Italia per sempre, si comportavano come se la cosa fosse giustificata. In me non vedevano un essere umano, ma un nero. “Come sono i tuoi amici?”, “Che lingua parlate in casa?”, “L’Italia è un Paese razzista?” mi chiedevano. Un’idea di me stesso, a quell’età, non l’avevo ancora e avrei voluto trovare la forza di non voler a tutti i costi farmi accettare. Capire che potevo esistere anche senza il consenso del prossimo. Avere il coraggio di reggere la solitudine e urlare in faccia a questo Paese che anch’io non lo volevo, che il sentimento era reciproco. Lo spirito fascista italiano, quando mio padre si lamentava della sua condizione, gli ricordava che doveva essere contento di quello che aveva, che doveva stare al suo posto senza il diritto di pretendere. “Sei fortunato” avrebbero voluto urlargli in faccia quando mangiava nei loro ristoranti e cercava posto sui loro bus. Per difendermi, evitavo ogni sguardo ostile e, in quei momenti, non sapevo più cosa dirmi. Credo che lasciarmi andare così mi abbia portato a scomparire. Non ho mai capito i so- spetti dell’uomo bianco, mai capito il loro trattarmi come un oggetto da evitare o da studiare. Il loro non è razzismo, la loro è presunzione nei confronti di chi ha perso un continente intero dalla memoria. Che ero diverso l’ho imparato stando in mezzo agli altri. Quando mi guardavano con la coda dell’occhio le prime volte che sentivano il mio cognome, quando la maestra o il medico faceva fatica a pronunciare quelle consonanti vicine. Quando leggendo la città in cui ero nato, sorridendomi, mi dicevano “Ma allora sei italianissimo”, “Sei più italiano di me”. Come se attribuire una cittadinanza occidentale fosse un complimento. Come se dire davanti a tutti, con il sorriso stampato in volto, che non ero un africano, perché per loro l’Africa era un Paese, mi rendesse più normale. Dimenticavano, mentre provavano a essere simpatici e amichevoli, che l’identità non me l’aveva data l’Italia, ma i miei genitori e che non spettava a loro dirmi chi fossi. Analizzavano le mie origini, il mio nome e il numero della mia generazione. “Io non sono niente” avrei voluto dirgli e quando rispondevo che non sapevo se sarei rimasto in Italia per sempre, si comportavano come se la cosa fosse giustificata. In me non vedevano un essere umano, ma un nero. “Come sono i tuoi amici?”, “Che lingua parlate in casa?”, “L’Italia è un Paese razzista?” mi chiedevano. Un’idea di me stesso, a quell’età, non l’avevo ancora e avrei voluto trovare la forza di non voler a tutti i costi farmi accettare. Capire che potevo esistere anche senza il consenso del prossimo. Avere il coraggio di reggere la solitudine e urlare in faccia a questo Paese che anch’io non lo volevo, che il sentimento era reciproco. Lo spirito fascista italiano, quando mio padre si lamentava della sua condizione, gli ricordava che doveva essere contento di quello che aveva, che doveva stare al suo posto senza il diritto di pretendere. “Sei fortunato” avrebbero voluto urlargli in faccia quando mangiava nei loro ristoranti e cercava posto sui loro bus. Per difendermi, evitavo ogni sguardo ostile e, in quei momenti, non sapevo più cosa dirmi. Credo che lasciarmi andare così mi abbia portato a scomparire. Non ho mai capito i so- spetti dell’uomo bianco, mai capito il loro trattarmi come un oggetto da evitare o da studiare. Il loro non è razzismo, la loro è presunzione nei confronti di chi ha perso un continente intero dalla memoria. domani sarà un giorno migliore. @KevitoClark @ESPN @undefeatedespn ❤️ grazie. @KevitoClark @ESPN @undefeatedespn ❤️ grazie. @KevitoClark @ESPN @undefeatedespn ❤️ grazie. @KevitoClark @ESPN @undefeatedespn ❤️ grazie. 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